Downton Abbey – Quando una serie ti entra dentro

Una delle mie migliori amiche rimane incredula ogni volta che mi vede parlare entusiasta di un serie tv. Non riesce a capacitarsi di come io passi così tanto tempo davanti a uno schermo o di come possa seguirne due o tre assieme. Sinceramente, fino a qualche giorno fa, non sarei riuscita a risponderle in modo esaustivo. Ora che ho visto Downton Abbey sì.

Famosissima serie in costume inglese, vincitrice di una quantità di premi assurda, sono sempre stata riluttante a guardarla. L’avevo iniziata molto tempo fa e avevo trovato la prima mezz’ora noiosissima facendola così cadere nel dimenticatoio. Inoltre a spingermi nella visione era stata mia sorella, la quale ha gusti completamente opposti ai miei (non le piace Mrs Maisel vi rendete conto?) il ché non era di buon auspicio.  Fatto sta che esce il film e mi ritrovo le strade e i cinema pieni di nobili inglesi che bevono il tè (io amo il tè) e mi fanno l’occhiolino. Lì ho iniziato a cedere. Poi ho conosciuto una ragazza, con i miei stessi identici gusti in fatto di storie, innamorata persa di questo titolo. Vado quindi su Amazon Prime e aggiungo Downton alla mia lista di preferiti. A quel punto mancava davvero poco perché la iniziassi ed ecco la goccia che mi portò verso l’amore eterno:

“Se tu iniziassi Downton Abbey credo che ti infogneresti talmente tanto che sarebbe la fine per tutti noi”.

Questa dolcissima e delicata frase l’ha detta il mio ragazzo il quale ci aveva visto lungo.

Insomma l’ho iniziata con la mia famiglia e, dal mio vecchio papà fino al mio fratellino di terza media, l’abbiamo amata alla follia.

È una serie tv incredibile. Non solo per l’accuratezza con la quale è stata girata: i costumi, le luci, le inquadrature (che pure mio fratello commentava), le scenografie. Ha dialoghi estremamente brillanti e raffinati. Non sono pretenziosi e ampollosi ma diretti e naturali che non lasciano minimamente pensare a che lavoro colossale debbano aver fatto gli sceneggiatori.

La storia poi ha moltissimi livelli di lettura: c’è quella storica, che ci mostra una società turbata da cambiamenti radicali, quella dei personaggi e quella della casa in generale (per fare un riassunto). In un episodio in pratica si passa al piacere dell’ultimo pettegolezzo sulla famiglia Crawley allo sconvolgimento di un avvenimento come la prima guerra mondiale. Non risparmia colpi di scena, fino all’ultimo episodio non si è certi del destino finale di questa famiglia. Solo una scelta narrativa mi sento di rimproverargli in sei stagioni: la morte di un personaggio. Potevano proprio risparmiarsela, totalmente buttata a casaccio. Probabilmente l’attore aveva altri progetti e voleva staccarsi da questa produzione.

Tutto questo però, non fornisce la risposta alla domanda della mia amica: perché sprecare tempo dietro episodi di quasi un’ora l’uno?

 

 

Beh, in quell’ora io e la mia famiglia venivamo catapultati in un modo lontano, di cui oggi si sentono solo gli echi. Entravamo in una casa, insieme ai protagonisti, diventavamo loro stessi. Ci immedesimavamo nel nostro personaggio preferito sperando facesse alcune scelte, determinate azioni. Ogni cosa intorno si fermava, la giornata veniva messa in pausa, perché noi, insieme, dovevamo vedere Downton Abbey. Non si parla quindi di quello che gli occhi vedono ma di cosa l’intero corpo vive, dell’esperienza. C’è stato un episodio in cui letteralmente il mio stomaco era appeso a un filo. Mio padre esultava e si immobilizzava, mia madre si commuoveva mentre mio fratello chiedeva a gran voce un nuovo episodio. Insomma era qualcosa di nuovo persino per me questa situazione. Per arrivata agli ultimi episodi rallentavo, centellinavo con il contagocce la visione. Non volevo finisse. Non volevo non poter più godere di un’esperienza così bella. Eppure alla fine sono dovuta arrivare, usando tutta la forza che avevo in corpo per non scoppiare a piangere durante gli ultimi titoli di coda.

Non so quante persone potranno capire veramente quello che ho appena scritto e so che molte ribatteranno dicendo che con molte serie si può vivere la stessa cosa. E’ vero, pure io ho altre serie che vorrei non fossero mai finite. Questa però ha fatto due cose che nessun’altra aveva mai fatto prima d’ora: ha creato un momento comune tra i Grandis e, soprattutto, mi accendeva dentro la voglia di stare su un set.

Adesso ci tocca soltanto più andare a visitare il castello, poi la mia vita sarà completa.

Ps Se vi state chiedendo quale sia il mio personaggio preferito non saprei dirvi. Inizierei da uno per poi elencarvi tutto il cast. Una cosa è certa: il mio animo è profondamente affine alla cugina Violet (Maggie Smith is my queen).

 

 

 

 

 

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